Maurizio Crozza ha fin da subito individuato, nelle sue imitazioni,
la caratteristica principale del presidente del Consiglio: di essere un
automa, in grado di simulare alcuni aspetti meccanici del pensiero, ma
non i sentimenti di empatia e simpatia tipici degli umani: meno che mai,
ovviamente, di provarli.
La sua ministra del Lavoro e delle Politiche Antisociali non è da meno, anche se la sua release al femminile conteneva agli inizi un bug,
subito corretto, che le ha causato, alla sua prima simulazione
pubblica, la perdita di liquido oculare (per rimanere all’imitazione di
Crozza).
Entrambi i due automi governativi hanno in questi giorni confermato
la loro natura meccanica, emettendo a Torino affermazioni sul mercato
del lavoro che, se fossero uscite dalla bocca di qualche umano,
sarebbero risultate agghiaccianti.
Monti ha spiegato, tanto suadentemente quanto può un robot, che la
Fiat è sì ”sempre stata governativa”, come diceva Gianni Agnelli. E
dunque ha sì sempre ricevuto ingenti sovvenzionamenti statali,
all’insegna del motto ”i nostri guadagni sono privati, i nostri debiti
pubblici”. Ma, ciò nonostante, non ha alcun obbligo di sentirsi in
debito con la nazione. Anzi, ha non solo il diritto, ma addirittura il
dovere, di andare a cercarsi altrove nuovi polli da spennare, visto che
ormai noi di piume non ne abbiamo più.
Quanto alla Fornero, ha pure lei confermato che ”la Fiat non può fare
ciò vuole”: da intendere, ovviamente, nel senso che il mercato non è
affatto ”libero”, come i liberisti avevano proclamato fino a ieri, ma
costringe i rapaci a comportamenti coatti. Quanto alla riforma del
lavoro che sta preparando, la ministra ha concesso che l’accettazione
del piano da parte delle parti sociali sarebbe ”un valore aggiunto”, ma
non è comunque una necessità.
Persino il presidente della Repubblica, che pure è il primo
responsabile della transizione da un governo di subumani a un governo di
non-umani, ha dovuto ammettere che ”sarebbe grave” se si facesse un
accordo contro i lavoratori e i loro rappresentanti. Ma anche lui ha
inteso le sue apparentemente ovvie parole non nel senso che il governo
dovrebbe presentare un piano accettabile, bensì che i sindacati
dovrebbero ”far prevalere l’interesse generale su qualunque calcolo
particolare”.
Che sia un ex-comunista a considerare ”calcolo particolare” le lotte
sindacali, e ”interesse generale” quello dei mercati, è un segno
dell’abisso nel quale siamo caduti, con la scusa della crisi economica.
Da Rifondazione Comunista siamo passati alla Fondazione di Asimov, ma è
ai romanzi di Philip Dick che dovremo ormai rivolgerci, per trovare
descrizioni adeguate di un mondo che noi umani non potevamo immaginare, e
meno che mai prevedere. (Piergiorgio Odifreddi)
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