26/01/12


L'invasione degli usignoli


Aiuto, li sto perdendo. Sono i colleghi più cari, gli amici di una vita. Quelli con cui fino all’altroieri potevo scambiare un sano pettegolezzo all’orecchio o uno sguardo d’intesa durante le riunioni. Ora cerco i loro occhi e non li trovo più: sono curvi sul cellulare, con i pollici a forma di sogliola, per digitare ossessivamente dieci, cento, mille tweet (cinguettii). Cosa sono i tweet?, si starà chiedendo qualche lettore arcaico che avrei quasi voglia di abbracciare. Sono degli sms, ma invece di arrivare a un solo destinatario finiscono in simultanea su migliaia di telefonini. Se prima Pippo mandava a stendere Pippa in privato, adesso l’intera comunità degli usignoli può godersi lo spettacolo. Naturalmente su Twitter si parla soprattutto di cose serie. Per esempio si segnalano libri che nessuno avrà tempo di leggere perché per farlo bisognerebbe staccare di tanto in tanto gli occhi da Twitter. Come il giornalista, anche il cinguettatore non vive ma cinguetta il proprio vissuto. E oltre a cinguettare riceve i cinguettii di tutti gli altri, rivivendo così ogni giorno la frustrazione già mirabilmente espressa da Troisi: «I libri non li raggiungo mai, pecché io sono uno a leggere mentre loro sono milioni a scrivere».
Scherzavo. In realtà Twitter è: a) un giornale personalizzato di cui si è direttori e lettori al tempo stesso, b) una fonte inesauribile di stimoli, c) un passatempo superficiale per maschi nevrotici, compulsivi e ossessivi. Una di queste tre definizioni appartiene a mia moglie, indovinate quale. (Massimo Gramellini)

24/01/12

Anonima sfigati


Se non sei laureato a 28 anni, sei uno sfigato. (Se non lo sei neppure a 40, fondi la Lega Nord). La colorita scomunica del Fuoricorso (parentesi esclusa) è scappata di bocca al viceministro Michel Martone, suscitando entusiasmo fra i «coloristi» dei giornali, in astinenza dai tempi di Brunetta, e dispetto in qualche altro a causa di una certa incompletezza. Il viceministro infatti si è dimenticato di aggiungere che a 28 anni sei uno sfigato se oltre a fingere di studiare non fai un tubo, a parte lamentarti. Avrebbe dovuto dirlo - lui figlio di papà e quindi privilegiato - per una forma di rispetto verso i tanti studenti lavoratori che a 28 anni sono ancora chini sui libri non per pigrizia, ma per mancanza di qualcuno in grado di mantenerli all’università.
Se poi volessimo marchiare con la lettera scarlatta della «sfigaggine» tutti coloro che intorno a questo problema si comportano male senza provare vergogna, la lista potrebbe utilmente cominciare da quegli imprenditori e liberi professionisti che non assumono chi si è laureato in perfetto orario, ma il figlio dell’amico degli amici che magari si è laureato a 28 anni, in una sede oscura, pagandosi gli esami. E continuare con quei professori universitari che invece di pungolare i fuoricorso cercano in ogni modo di scoraggiare i secchioni: sfruttandoli, umiliandoli e facendoli sentire, loro sì, degli sfigati. Infine dovrebbe comprendere chi, politici in testa, ha ridotto l’università a un esamificio, la società a un gerontocomio e la famiglia a un ricovero di sfigati in cerca d’autore. (Massimo Gramellini)

20/01/12

Oscure botteghe




La Germania ha dichiarato guerra
Pochi mesi fa, l’Italia era il cattivo d’Europa. Il primo Ministro tedesco poteva pubblicamente urlare in faccia al Primo Ministro italiano: “La crisi dell’Euro è colpa tua!”. Molti italiani la pensavano allo stesso modo. Due mesi dopo, l’Italia non solo è rispettata nel mondo, ma ispira una crescente simpatia, perché vittima di un’aggressione ingiustificata quanto letale. Il coro di proteste in sua difesa cresce ogni giorno. La manovra di Monti ha fra gli altri meriti anche quello di aver diradato la nebbia sulle responsabilità della crisi.

Il cattivo, il paese canaglia è la Germania. Non gli americani: fanno il possibile per salvare l’euro. Non gli speculatori senza patria: ci sono sempre stati, sono solo il sintomo del vero problema (chi comprerà i BTP alle prossime aste). Non le Agenzie di Rating, che ci declassano dopo i mercati, perciò non contano.

La Germania (dietro la quale si nascondono altre responsabilità) semplicemente impedisce all’Europa di attivare i normali meccanismi difensivi necessari per superare la doppia crisi: finanziaria, e della domanda aggregata. È in gioco la nostra sicurezza nazionale? La nostra democrazia? Il nostro benessere? La stabilità del nostro continente? Sì. E come se ci avessero dichiarato guerra. Qualcuno vuole di nuovo germanizzare l’Europa .


Dietro a ogni guerra c’è un’ideologia, una “morale”. L’ideologia crea gli interessi, non viceversa. Li fa apparire “reali”, li trasforma in immaginarie necessità, ai fini della sopravvivenza identitaria o fisica.


Questa volta l’ideologia è una favola: “La cicala e la formica”. Prima versione: siete in crisi perché spendaccioni, come i greci! Smentita dai numeri di Spagna e Portogallo (meno debiti pubblici dei tedeschi), Irlanda (niente debiti, ma obbligata da un ricatto a socializzare le perdite delle banche; la BCE incontra difficoltà crescenti a coprire la vicenda), dalla manovra di Monti, e dal martirio greco (l’IMF si sta ribellando). Seconda versione: noi tedeschi abbiamo fatto tanti sacrifici per diventare più competitivi: ora volete i nostri soldi per salvarvi? Fate anche voi sacrifici! In realtà, la Germania è uscita in fretta dalla recessione del 2009 perché nel decennio precedente aveva fatto una svalutazione competitiva “interna”. Si è ritrovata perciò un boom delle esportazioni, casualmente al momento giusto. Per noi fare altrettanto ora è impossibile: la Germania difende il suo surplus commerciale e spinge gli altri in deficit.

Monti ieri ha fatto una dichiarazione sbagliata, ma non casuale. Ha chiesto aiuti alla Germania, confermando viepiù i pregiudizi tedeschi e provocando un secco “nein!”. Ma poi si è corretto: non vogliamo soldi, solo buona governance per abbassare gli spread. Aha! Finora aveva chiesto Fondo Salva Stati ed Eurobonds (= i soldi dei tedeschi), nonostante un Efsf declassato e penalizzato dagli spread. Politiche sbagliate, fallite prima di cominciare; pericolose per la Germania, e perciò giustamente avversate dalla Merkel.

La dura realtà dei mercati, le critiche della stampa libera rilanciate da parlamentari PD e PDL, stanno spostando il professore milanese su posizioni culturali e negoziali più adeguate. Vediamo di non perdere altro tempo. Ci sono tre corollari:

1) Se l’Italia non chiede finanziamenti all’Europa, non li chiede neanche alla BCE! Ergo, la BCE deve percorrere la via alternativa: non costa un euro, e genera circa 10 miliardi di capital gains (di cui 2 da distribuire alla Germania).

2) Se insistono con la falsa, screditatissima storia dello Statuto BCE che impedisce di fare il necessario, l’Italia chieda che il prossimo trattato Europeo ne contenga una modifica. Monti deve scegliere fra le storture ideologiche dell’Eurozona e la salvezza della patria: è già successo (F.D.Roosevelt). La Merkel rimarrà sconvolta dall’idea che la BCE possa diventare una banca centrale normale … come la Fed o la Bank of England! Ma non si vede perché noi dovremmo firmare un Trattato di iper-austerità, e avere in cambio solo vaghe promesse.

3) Se la Germania non ci sta, l’arma che usa contro di noi (il default del’Italia) deve essere brandita contro di lei. Il corso forzoso non sarebbe la fine del mondo. Sarebbe una cosa dura, ma meno della guerra nucleare. La guerra fredda è rimasta tale perché le due potenze hanno credibilmenteminacciato di reagire in caso di attacco avversario. E Monti avrebbe l’appoggio del mondo intero; compresi il 40% dei tedeschi. Se la sente?
  (PierGiorgio Gawronski)




18/01/12

Sguup!


Casta Crociere / Marco Travaglio

Ora diranno che noi italiani non riusciamo a diventare seri nemmeno nelle tragedie, anzi riusciamo subito a trasformarle in macabre farse. Gli altri hanno il Titanic, noi la Concordia. L’italianissima “nave più grande del mondo” che, già per com’è posizionata, mezza sott’acqua e mezza sopra con uno squarcio nella chiglia, è la migliore icona del paese che siamo. Più che un naufragio, una parabola.
Del capitano Schettino sappiamo tutto e forse, si spera, anche troppo. Ma non era mica solo, sulla nave. Invece è come se lo fosse: se il comandante impazzisce, o si ubriaca, o picchia la testa, non c’è niente da fare. Nessun controllo, nessuna valvola di salvaguardia. Un uomo solo al comando, con potere di vita e di morte su tutti gli altri. E, se dà via di matto o semplicemente si fa gli affari suoi, peggio per noi. Vi ricorda qualcosa? Poi ci sono i passeggeri, che al “si salvi chi può” danno il meglio, ma anche il peggio. Uno, accecato dalla disperazione, strappa il salvagente al vicino e lo lascia affogare. Altri fanno a botte o calpestano la massa per arrivare prima alle scialuppe saltando la fila e, conquistato un posto sulla barchetta, scacciano i bambini o i vecchi o le donne o disabili perché “non c’è più posto”. Vi ricordano qualcuno? Il “particulare”, lo chiamava Guicciardini. Poi c’è Costa Crociere, che prima difende il comandante e poi lo scarica, dichiarandosi parte lesa perché ha fatto tutto da solo (ma proprio perché poteva fare tutto da solo Costa Crociere non è parte lesa). Vi ricorda qualcuno?

E siamo a Schettino, per gli amici “Top Gun”, che nelle interviste fa il ganassa con le battute sul Titanic. Se c’era bisogno di qualcuno che rinfocolasse i luoghi comuni sull’italiano in gita, eccolo pronto alla bisogna. Il tipico fesso che si crede furbo, ganzo, fico. Il bullo abbronzato coi ricci impomatati e i Ray-ban neri che conosce le regole e le rotte, ma è abituato ad aggirarle, a smussarle. C’è l’amico di un amico a riva da salutare a sirene spiegate? Che problema c’è, se po’ fa’. C’è da accostare per il rito dell’ “inchino” ai turisti portati dalla proloco? Ma per carità, si accosta. Accosta Crociere. Perepèèèèè. Crash! Ops, uno scoglio. E lui dov’è, al momento del cozzo? Una turista olandese giura che era al bar a farsi un drink con una bella passeggera appena rimorchiata. Perché la patonza deve girare, no? A quel punto, con la nave gonfia d’acqua, si chiama la Capitaneria per dire “Tutto ok, positivo”. Poi si parla di “guasto a un generatore”. Minimizzare, sopire, troncare finché si può. Crisi? Quale crisi? I ristoranti sono pieni, le stive pure. L’affondamento è solo psicologico, il classico naufragio percepito. Basta non parlarne e sparisce. Negare tutto, anche l’evidenza.

Infatti è la Capitaneria a informarlo che la sua nave affonda. E allora “abbandonate la nave”: lui per primo, assicurando però “stavo a poppa, ora torno sul ponte, a bordo ci sono solo 2-300 persone” (sono ancora tutte e 4 mila, però il vero bugiardo dà sempre cifre false ma precise). Il solito De Falco –c’è sempre un De Falco sulla rotta dei furbi fessi– lo sgama: “Ma lei è a bordo?”. “No”. “Vada a bordo, cazzo! È un ordine”. “Sono qua sotto a coordinare i soccorsi, ora vado a bordo”. Invece è già all’asciutto, aggrappato a uno scoglio. Verrà avvistato sulla banchina mentre aspetta il taxi per l’hotel Bahamas. Manca ancora un ingrediente: la telefonata a mammà. “Sto bene, ho cercato di salvare i passeggeri”. Come si chiama mammà? Rosa, e come se no?  Lui intanto mente pure sull’ultima manovra: “L’ho fatta io per facilitare i soccorsi”. Invece l’han fatta le correnti. Poi pesca a piene mani dall’inesauribile serbatoio dello scusario vittimistico nazionale: tutta colpa di “uno sperone di roccia non segnalato, la carta nautica dice che non doveva essere lì”.

Il solito complotto degli speroni rossi, degli scogli spuntati a sua insaputa: se Vespa lo chiama a Porta a Porta, lui tira fuori il plastico. Non resta che svignarsela nella notte, quatto quatto, “per senso di responsabilità”, lasciando fare agli altri, ai tecnici. Vi ricorda qualcuno? Tipo un altro che aveva cominciato sulle navi da crociera?

17/01/12

La prevalenza dello Schettino



C’erano voluti due mesi per ritornare all’onor del mondo. Due mesi di loden e manovre, di noia e ricevute fiscali. Due mesi per nascondere i politici di lungo corso sotto il tappeto o in un resort delle Maldive. Due mesi per far dimenticare il peggio di noi: la faciloneria, la presunzione, la fuga dalle responsabilità. E invece con un solo colpo di timone il comandante Schettino ha mandato a picco, assieme alla sua nave, l’immagine internazionale che l’Italia si stava ricostruendo a fatica. Siamo di nuovo lo zimbello degli altri, il luogo comune servito caldo nei telegiornali americani, il pretesto per un litigio fra due politici francesi (francesi!), uno dei quali ieri accusava l’altro di essere «come quei comandanti che sfiorano troppo la costa e mandano la loro barca contro gli scogli».

Mi auguro che non tutto quello che si dice di Schettino sia vero: anche i capri espiatori hanno diritto a uno sconto. Ma se fosse vero solo la metà, saremmo comunque in presenza di un tipo italiano che non possiamo far finta di non conoscere. Più pieno che sicuro di sé. Senza consapevolezza dei doveri connessi al proprio ruolo. Uno che compie delle sciocchezze per il puro gusto della bravata e poi cerca di nasconderle ripetendo come un mantra «tutto bene, nessun problema» persino quando la nave sta affondando, tranne essere magari il primo a scappare, lasciando a mollo coloro che si erano fidati di lui. Mi guardo attorno, e un po’ anche allo specchio, e ogni tanto lo vedo. Parafrasando Giorgio Gaber, non mi preoccupa lo Schettino in sé, mi preoccupa lo Schettino in me. (Massimo Gramellini)

14/01/12


La Lega non sopravviverà al Senatùr

Il codice della marineria dice che il comandante affonda con la nave. Quello della politica, che la nave affonda con il comandante. Che fine malinconica per la Lega. Degli inizi, i suoi vertici sembrano aver conservato l’arroganza (una volta dei vincitori, oggi dei perdenti). Gli italiani, però, non sono tanto stupidi da credere che basti togliersi la giacca e infilarsi la maglietta verde per tornare a essere partito di lotta. Non si lasciano convincere da slogan contro il governo quando la crisi è responsabilità di chi ora protesta. Nemmeno i militanti leghisti sono stupidi. Anzi, ribellandosi ai capi – schierati con Cosentino pur di salvare il cadreghino – dimostrano che il loro attaccamento al Carroccio era spesso genuino. Ma Bossi e il suo Cerchio Magico, da tempo (forse da sempre), li hanno abbandonati.

E anche Maroni non può ambire a essere leader: Bobo che fu ministro dei primi governi Berlusconi, poi sparò a zero sul Cavaliere, salvo tornare all’ovile e al Viminale. Maroni che come massima espressione di dissenso “osa” sbuffare di fronte al Senatùr. Se, però, il partito si disgrega, restanomilioni di elettori delusi e confusi che si sfogano in Internet e alla radio. Restano piccoli amministratori leghisti che si sono dimostrati migliori dei dirigenti. E soprattutto rimangono istanze che meritano ascolto. No, non la becera intolleranza che sfiora il razzismo, non il ribellismo retorico che ignora le leggi. Ma il desiderio di una politica lontana dai palazzi, più legata al territorio del Nord che tanto ha contribuito alla crescita dell’Italia. Sbaglierebbe chi liquidasse, insieme con il Carroccio, anche i bisogni reali alla base della sua affermazione. Impossibile, però, che se ne faccia interprete il Pdl. E difficile che sia in grado di farlo un centrosinistra spesso ridotto ad apparato.

Una cosa è certa: il rappresentante di questo scontento non può essere la Lega. Partita per sconfiggere “Roma ladrona” ha invece portato nel suo Nord tante logiche “romane”: la fame di poltrone, l’affarismo, i tatticismi, la mancanza di democrazia interna. Il Carroccio si ferma qui, quando pareva diventato movimento di massa si è rivelato un altro partito “ad personam”: dopo Berlusconi pare questo il modello dei partiti in Italia, a destra come a sinistra. E Bossi ha deciso che la sua creatura non gli sopravviverà.



Nonna Rai/Massimo Gramellini


La signora Livia ha ottantadue anni e la testa lucida, ma le gambe appannate. Mauro è un giovane alpino di sessantaquattro che le abita accanto e ogni tanto scende a fare le commissioni per tutti e due. L’altro giorno Mauro doveva andare alla Posta e ha chiesto a Livia se aveva bisogno di qualcosa. Lei gli ha messo in mano 112 euro. «Sono per il canone Rai». Mauro le ha spiegato che non era il caso: «Hai più di 75 anni e una pensione sociale senza altri redditi: sei esentata». Livia ha insistito: «Posso permettermelo». «Ma se non arrivi a 500 euro di pensione!». «Tanti stanno peggio di me. I miei soldi serviranno a coprire quelli che non metteranno loro e a migliorare i conti della Rai, che nonostante tutto mi tiene compagnia». Pare faccia lo stesso con certe medicine che paga anche quando non dovrebbe, perché chi è fatto così è così sempre, nella vita.


Non sarei capace di ragionare come Livia. E ho le mie ragioni, sia chiaro. Il canone viene evaso in massa, ci sono regioni dove i pochi che lo pagano vengono considerati marziani. E andare in soccorso dei bilanci della tv pubblica equivale a battersi per salvare l’onore di una anziana meretrice: un’impresa assurda, oltre che disperata. Però non sono le persone come me a tenere in piedi questa baracca chiamata Italia. Sono quelle come Livia. Che non lanciano accuse, non cercano alibi, non fanno paragoni. Hanno un’idea di comunità nella testa e le rimangono fedeli con rettitudine, senza sentirsi né vittime né eroi. Semplicemente normali.

13/01/12

Meglio ipocriti che abbronzati

Prima di Natale un imprenditore famoso mi disse: «Quest’anno ho abolito il turismo esotico. Non è il momento di farsi vedere in giro abbronzati». Aveva fiutato l’aria. In effetti non si placa il mal di pancia del cittadino semplice per le vacanze dei politici alle Maldive. A incrementarlo sono le foto che ritraggono Schifani e Rutelli su un atollo mentre brindano con champagne di marca e le dichiarazioni della compagna del sub Fini a proposito della fatica di perlustrare ogni giorno la barriera corallina. Non c’è nulla di male nel fraternizzare con un avversario (per quanto un tifoso della Roma non sarebbe stato felicissimo di vedere Totti, anche lui alle Maldive, mentre brinda con Lotito), né nell’andare in vacanza in un resort che costa come tanti altri luoghi di villeggiatura considerati meno offensivi dal popolo votante. Si tratta però di una colossale dimostrazione di insensibilità. E le giustificazioni dei vacanzieri («Era il viaggio di nozze che non avevamo mai fatto», «Sessant’anni non si compiono tutti gli anni») confermano che questa gente ha perso ogni aggancio con la realtà. Quando c’è una tragedia, la festa si ferma. E oggi per milioni di italiani il presente è una tragedia. Chi può ancora far festa deve almeno avere la delicatezza di divertirsi sotto traccia. In questo momento l’ostentazione è il peggiore dei vizi. Specie se chi ostenta fa un mestiere che gode di vasto discredito sociale.

La moglie di Rutelli ha accusato i critici di ipocrisia. Può darsi. Ma c’è qualcosa che irrita molto più dell’ipocrisia. È la mancanza di rispetto. (Massimo Gramellini)


12/01/12




Cosentino, ultima vergogna

Il violento pressing di Berlusconi ha prodotto i suoi effetti: la Camera salva il "referente nazionale del clan dei Casalesi". Decisivo il cambio di posizione della Lega. Un insulto alla giustizia, una vittoria dell'Italia peggiore. Berlusconi è vivo e lotta insieme a noi. Anzi, insieme a loro: il clan dei Casalesi. Il cui «referente nazionale» Nicola Cosentino (parole del giudice di Napoli Egle Pilla) è stato salvato dalla richiesta di arresto, con 309 voti contro 298.
Decisivo è stato il pressing con cui l'ex presidente del Consiglio è riuscito a cambiare la posizione della Lega Nord: che in giunta aveva votato a favore dell'arresto mentre in Aula ha lasciato 'libertà di coscienza' ai suoi deputati. Libertà di coscienza che si è concretizzata nella salvezza per l'ex sottogretario, accusato di riciclaggio, falso, corruzione, violazione di norme bancarie e concorso esterno in associazione camorristica.

Berlusconi aveva deciso di giocare su Cosentino tutte le sue carte, di arrivare alla prima 'prova di forza' in Aula da quando è caduto il suo governo. Sono stati giorni di incontri frenetici, di telefonate e anche di minacce politiche. Ai deputati incerti il Cavaliere aveva anche fatto sapere di essere pronto a rovesciare il tavolo nel caso Cosentino fosse finito dietro le sbarre, arrivando a ipotizzare (attraverso Fabrizio Cicchitto) la caduta del governo e lo scioglimento anticipato delle Camere.

Cosentino, concretamente, è accusato di aver aiutato i clan ad ottenere finanziamenti per la costruzione di un centro commerciale nel casertano. Ma soprattutto di aver creato un sistema politico-mafioso che si basa sul dominio assoluto delle attività economiche del territorio. Un sistema che si preserva attraverso un circuito perfetto: l'organizzazione criminale crea consenso e rappresentanza politica, i politici collusi costruiscono «canali privilegiati» per dare il via ad attività industriali e commerciali, attraverso queste imprese si hanno i soldi e i posti di lavoro che rafforzano l'organizzazione sia da un punto di vista economico e di presa sul territorio sia in termini di controllo del consenso elettorale. 
L'ordinanza di arresto, di oltre mille pagine, elencava minuziosamente come funzionava il sistema secondo i giudici di Napoli. Ed è attraverso questo sistema che sarebbe maturata l'ascesa politica di 'Nick 'O Americano' fin dalla metà degli anni Novanta, quando Cosentino iniziò come consigliere comunale a Casal di Principe, quindi consigliere provinciale a Caserta, fino all'ingresso in Parlamento nel 1996 e alla nomina a sottosegretario di Stato all'Economia e alle Finanze del quarto governo Berlusconi. Carica quest'ultima dalla quale Cosentino si è dovuto dimettere nel luglio del 2010 proprio a seguito dell'indagine che ne metteva in luce gli stretti rapporti con la Camorra, pur rimanendo ai vertici del Pdl campano.

08/01/12

Il prof e la casta



“Io provo pena per i politici che sono così trattati male dalla opinione pubblica. Il mio compito è anche favorire una riconciliazione tra la classe politica e i cittadini. Anche io mi considero parte dell’opinione pubblica, e tutti dobbiamo riflettere e dire: ’siamo sempre pronti a dare la colpa ai politici, ma io cittadino sto facendo il mio dovere per fare crescere l’Italia?”. 


Così Mario Monti, tecnico non eletto, capo del governo di salvezza nazionale.
Sono parole che qualsiasi uomo politico serio ripeterebbe alla lettera, senza cambiare nemmeno una virgola. Parole frutto di una cultura democratica cristallina, diretta, lineare.
E ora vediamo cosa hanno da dire gli strilloni del golpe, i semprepronti anti-poteri forti, i furbacchioni della democrazia a rischio. Zitti, che è meglio. (Marco Bracconi)

07/01/12

"Cortina, pirla delle Dolomiti"
All'armi siam sofisti

La linea l’hanno data Fabrizio Cicchitto e Massimo Boldi, uno dei quali è un comico, anche se non ricordo più chi. Stanare i nullatenenti con Porsche al seguito è un comportamento da Stato di polizia. Come no? Negli Stati Uniti li mettono in galera, ma evidentemente laggiù c’è una dittatura. Non solo: secondo Boldi (o Cicchitto?) si tratterebbe di un colossale abbaglio, perché gli evasori di Cortina sono poveracci che affittano il lusso a rate. Che storia commovente. Ci chiederanno una colletta per pagare il leasing della fuoriserie?

Ormai questa tecnica di difesa dell’indifendibile ha raggiunto vette da far impallidire i sofisti dell’antica Grecia. Se uno viene intercettato mentre truffa, loro non si indignano per la truffa, ma per l’intercettazione. Se ti lamenti di chi ha svaligiato una banca, ti rispondono: parli proprio tu che ai tempi dell’asilo rubasti lo zucchero filato? Se la Finanza bussa a Cortina, si scandalizzano perché non è andata a Capri: forse perché a Capodanno non c’era lo stesso numero di turisti, essendosi dimenticati di sparare la neve artificiale sui faraglioni? Se si cercano i soldi disonesti dove ne girano di più, si strilla contro la caccia al ricco. E se Monti cerca di stanare gli evasori, lo si accusa di non averne titolo, dato che a Capodanno ha mangiato il cotechino a Palazzo Chigi. Assistiamo al delirio scomposto di gente che ha perso il contatto con i propri elettori e lettori. Dovrebbero sapere che al piccolo borghese che vota Lega o Pdl i furbetti di Cortina stanno sulle scatole. Persino più che a qualche corifeo della sinistra, che magari a Cortina ci è pure andato. (Massimo Gramellini)


I gasparros a Bangkok


I controlli antievasione di questi giorni non piacciono al Pdl. I gasparros denunciano una presunta demonizzazione della ricchezza, ed è facile replicare che se essere danarosi non è una colpa, esserlo senza pagare le tasse è decisamente uno schifo.
Più interessante l’altra hit dei gasparros sull’argomento, vale a dire la pensosa preoccupazione che in questo modo si possa danneggiare l’economia del luogo.
Un po’ come fare i deputati in Thailandia e depenalizzare il turismo sessuale. Hai visto mai che i bambini poi se li vanno a cercare a Saint Moritz. (Marco Bracconi)


05/01/12


Se il cinepanettone diventa realtà


Gli economisti del mondo intero sono già in viaggio con i Re Magi verso Cortina d’Ampezzo per visitare la culla del nuovo miracolo italiano. Stavolta la realtà ha superato il cinepanettone.

I dati dell’Agenzia delle Entrate riferiti al prodotto interno lordo del 30 dicembre descrivono una crescita impetuosa.

Farcita di percentuali che si impennano da un anno all’altro e addirittura - ecco la grandezza di questo indomito Paese - da un giorno all’altro. Ristoranti: più 300% rispetto al Capodanno precedente e più 110% rispetto al 29 dicembre. Beni di lusso: più 400 e più 106.

La sera del 29 Cortina languiva ancora, fra strade spoglie e locali deserti. I commercianti erano andati a letto distrutti. L’universo rideva di loro. Li dava per spacciati. Ma nella notte è partita la riscossa e l’alba sulle Dolomiti è stata salutata dal canto dei registratori di cassa che sputavano scontrini come petardi e dondolavano fatture fiscali come palline dell’albero di Natale.

Qualche maligno penserà che il nuovo boom sia rimasto circoscritto ai cortinesi. Niente di più falso. I generosi valligiani lo hanno voluto condividere con centinaia di turisti approdati in città la sera prima, probabilmente su slitte di fortuna. Il mattino del 30 quei derelitti si sono svegliati a bordo di una Porsche. Lavoratori che dichiaravano di guadagnare mille euro netti al mese o, peggio, di appartenere a società sull’orlo del fallimento. E’ giusto che la tanto sospirata crescita abbia premiato anzitutto i più bisognosi.

Come in ogni impresa eroica, anche nel supercinepanettone di Cortina non mancano episodi apparentemente inspiegabili che la mente semplice degli uomini derubrica a miracoli. Un commerciante, per esempio, ha venduto oggetti di lusso per un milione e mezzo senza che ne rimanesse traccia nei documenti fiscali. Ma io diffido delle spiegazioni extrasensoriali. Semplicemente gli si sarà rotta la biro. O la stampante del computer, cribbio.

Gli esperti in arrivo a Cortina dovranno spiegarci le ragioni di questo boom abbastanza inatteso. Cosa potrà mai essere successo, nel breve volgere di una notte, per raddoppiare gli incassi dei ristoranti, i guadagni degli alberghi, le entrate delle gioiellerie? Sono sul tavolo diverse ipotesi. C’è chi attribuisce il merito della svolta a una folata improvvisa di ottimismo, diffusa nell’aria da qualche sciatore berlusconiano in discesa libera. Altri tirano in ballo una profezia finora sconosciuta dei Maya: il 30 dicembre 2011 l’asse della Terra si sarebbe allineato per un attimo con il bancomat della piazza principale di Cortina, producendo una serie di effetti a catena, fra i quali la trasformazione delle utilitarie in bolidi superaccessoriati. Ma esiste anche una teoria più eccentrica. Per tutta la giornata del 30 qualcuno avrebbe visto aggirarsi fra i ristoranti e le gioiellerie un gruppo di alieni in divisa da finanzieri. La semplice presenza di questi simpatici visitatori avrebbe stimolato l’economia, meglio della Fase 2 del governo Monti.

Resta da capire il perché dell’ingratitudine dei cortinesi. I quali, sindaco in testa, invece di ringraziare gli alieni per il supporto morale, li hanno duramente contestati. Un autentico mistero. Chiederò lumi a qualche persona di rinomata sobrietà. Magari a Schifani, Rutelli e Casini, che dopo aver visto in tv il messaggio di Napolitano sulla necessità dei sacrifici sono saltati sul primo aereo per andare a sacrificarsi in un resort delle Maldive. (Massimo Gramellini)


04/01/12

E' lì la festa?



Il vero lumbard

Non conosco personalmente Calderoli e non avete idea di quanto ne soffra: quell'uomo è a conoscenza di segreti, riguardo alla scelta degli abiti e degli aggettivi, che temo mi resteranno preclusi per sempre. Se però avessi confidenza con lui, gli direi che su Monti sta sbagliando strategia. Accusare il premier di aver mangiato il cotechino di san Silvestro a Palazzo Chigi con la sua famiglia di noti trasgressivi è stato un errore. E non solo perché ha offerto il destro al perseguitato di prendere elegantemente per i fondelli il persecutore, fornendo la lista dei negozi in cui la moglie aveva fatto la spesa. Molto più grave, dal punto di vista di Calderoli, è che la rivelazione sulle gozzoviglie montiane non avrà indotto i patrioti padani a scandalizzarsi, ma a riflettere sulla circostanza che, da buon lumbard, Monti aveva lavorato anche l'ultimo dell'anno.

Capisco che per scaldare la base leghista e farle dimenticare il nulla combinato a Roma dai suoi rappresentanti sia necessario tirare petardi contro il nuovo governo. E' la mira che mi sembra scentrata. Di questo presidente del Consiglio si potrà dire che è un tecnocrate, che è il genero preferito dai tedeschi, persino che appartiene a una setta di banchieri o di vampiri, ammesso sia ancora possibile cogliere la differenza. Ma fare le pulci alla sobrietà di Monti è come esplorare il coté razzista di Obama: vano esercizio retorico. Specie se a farle, le pulci, è uno che ha condiviso l'avventura politica e stilistica di Berlusconi, accettando senza fare una piega che le auto di Stato venissero usate per scarrozzare le escort del sultano. (Massimo Gramellini)




Equitalia, il cane lupo e i cittadini

La guerra di sguardi lividi e carte bollate che gli italiani hanno ingaggiato da anni con Equitalia non ha nulla a che spartire con i gesti criminali di chi in questi giorni, nonostante le smentite della Storia, vuole farci credere che le ingiustizie si guariscano evocandone la madre: la violenza.
La guerra di cui ci occupiamo qui è una guerra fra poveri, anzi, fra impoveriti (le finanze individuali contro quelle pubbliche) ed è il sintomo di un’emergenza nazionale che precede e spiega tutte le altre: il rapporto fra i cittadini e lo Stato.
Secondo il manuale di educazione civica che prende polvere da decenni nelle nostre librerie, i cittadini sono lo Stato. E le tasse, di conseguenza, lo strumento per finanziare se stessi. Non pagarle rappresenta un atto di masochismo. Ma in Italia non è così. Per un italiano lo Stato è altro da sé, è un vampiro arrogante da buggerare più che si può. Di solito viene identificato con la casta costosa, pletorica e inefficiente dei politici, con il treno sporco e perennemente in ritardo dei pendolari, con il funzionario pubblico che digrigna i denti al di là dello sportello, complicandoci le cose facili e non semplificandoci quelle difficili.
D’altro canto, per un funzionario pubblico il cittadino italiano non è il suo datore di lavoro, ma un postulante. Non il comproprietario dello Stato, ma un suddito. L’effetto di questa estraneità reciproca, rimasta grosso modo inalterata dai tempi delle invasioni barbariche, si riverbera sulla relazione cruciale fra chi paga le tasse e chi le riscuote. Il contribuente considera Equitalia un taccheggiatore. Equitalia considera il contribuente un evasore.
Equitalia detesta il contribuente perché sa che egli farà o ha già fatto di tutto per fregarla. Perciò gli starà addosso con i metodi dell’inquisitore, applicando senza un briciolo di buon senso quelle leggi che le consentono di pignorare la casa e l’auto a chi non possiede nient’altro per lavorare e quindi per pagare le tasse. L’agenzia agirà come se avesse sempre ragione e quando la giustizia le darà torto si rifiuterà di riconoscerlo fino all’ultimo grado di giudizio, confidando nella stanchezza del cittadino, che pur di non spendere altri soldi in tribunale accetterà di pagare in forma scontata una somma che non avrebbe dovuto pagare affatto.
A sua volta il contribuente ritiene che Equitalia si accanisca contro di lui perché è piccolo e nero, mentre i grandi patrimoni vengono risparmiati e coloro che portano i soldi all’estero o mettono le proprietà immobiliari all’ombra di società di comodo non correranno mai alcun rischio. E’ portato a considerare veniali le sue colpe, anche quando ci sono, e sproporzionata la reazione della controparte.
Questo stato d’animo è aggravato, o forse addirittura determinato, dalla mancata percezione dell’interesse comune. La maggioranza degli italiani è convinta che le tasse riscosse da Equitalia non serviranno a pagare i servizi essenziali, ma a ingrassare i soliti noti, perciò vive l’evasione come una forma di autodifesa invece che come una diserzione sociale. In realtà i servizi, anche se pessimi, ci sono e ce ne stiamo accorgendo adesso che cominciano a scarseggiare. E ci sono anche gli evasori: quelli grandi, certo, ma pure i piccini, che la latitanza dei grandi non rende meno colpevoli.
Quando si parla di cartelle esattoriali ogni italiano diventa doppio. La sua parte A applaude all’irruzione delle Fiamme gialle negli alberghi di Cortina durante le festività natalizie, a caccia di ricconi esentasse. Ma la parte B solidarizza con gli abitanti di Cortina che dal prossimo Capodanno rischiano di perdere la clientela e quindi il lavoro. In genere questa parte B è particolarmente sviluppata quando l’azione invasiva dello Stato lambisce le nostre tasche. Quando invece tocca quelle degli altri, rifulge al massimo splendore la parte A. Una schizofrenia che raggiunge livelli di autentico interesse scientifico in una certa sinistra radicale a cui ha appena dato voce Beppe Grillo. Quella che invoca uno Stato cane lupo, da aizzare addosso agli evasori, tranne poi lamentarsi se il cane lupo Equitalia sbrana tutto ciò che fiuta. (Massimo Gramellini)