04/06/12

Punti di vista



La macchina del tempo / Massimo Gramellini

Erano da poco passate le otto di sera quando mi sono appisolato davanti al televisore mentre il direttore del Tg1 intervistava il segretario di Stato vaticano. Nell’appisolarmi ho sognato. E nel sognare ho rivisto il me stesso bambino addormentarsi davanti a un televisore in bianco e nero mentre il direttore del telegiornale intervistava il segretario di Stato vaticano. Che modi avevano allora, i direttori del telegiornale. Diritti e compunti sulla sedia come dinanzi al prete del loro matrimonio. E poi quelle domande felpate con la risposta già incorporata. E la faccia: protesa ad annuire in sincrono con l’intero corpo e paralizzata in una smorfia ineffabile di beatitudine. Anche i segretari di Stato vaticani erano ben strani, a quei tempi. Tradivano la scarsa conoscenza del mezzo televisivo e il loro eloquio curiale scorreva distante dalla realtà, caldo e inafferrabile come sciolina nelle orecchie: «La trasparenza è un fatto di solidarietà… Spesso avviene che le chiarificazioni siano frutto di un lavoro di dialogo… Questi non sono giorni di divisione ma di unità…»

Mi sono svegliato di soprassalto. La tv era diventata a colori, ma le facce erano rimaste le stesse. Anche le domande del direttore. Con le risposte già incorporate, anzi forse già scritte in precedenza, dal momento che il segretario di Stato le leggeva direttamente da un foglio. Nessun riferimento a corvi e maggiordomi di Curia, ma un solenne spot sulla solidità eterna della Chiesa. Anche se a noi appisolati d’Italia l’unica cosa solida, ma soprattutto eterna, sembra la sudditanza del Tg1 al Vaticano.

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