02/12/11



Ci sono fine settimana che si rimanda a dopodomani. Altri che si molla tutto perché fino a venerdì è stato un delirio. Altri ancora che mezza Italia in gita scacciapensieri.
E poi ci sono i fine settimana come questo. Quelli che aspetti con curiosità e pure un po’ di ansia. Quelli che il lunedì che arriva è uno di quei giorni che non dimentichi. Uno di quelli che si capiscono tante cose.
Tra le cose che si capiranno è quanto partiti e sindacati stiano, in queste ore, facendo ammuina. Vale a dire in che misura le richieste al governo Monti, tirato per la giacchetta da svariate parti, siano pressioni pro forma per rassicurare i propri iscritti ed elettori. Oppure una giusta e ferma invocazione di equità nei sacrifici prossimi venturi.
L’impressione è che la crisi finanziaria sia tale da non permettere – se il governo sarà equilibrato – strappi degni di nota. Più l’Italia resta debole, più il professore resta forte. Infondo è lì per questo.
Ma mai dire mai, nella vita.
Soprattutto in questo Paese, dove cinquant’anni di democrazia bloccata e poi vent’anni di populismo hanno abituato tutti a considerare uno zero virgola in più nelle urne più importante di quasi due miliardi di debito pubblico.
L’impazzimento, con questo Parlamento figlio del Porcellum, è sempre dietro l’angolo.


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