Il presidente Napolitano spiega ogni giorno quanto è buona e
necessaria la riforma del mercato del lavoro presentata dal governo. Qualche domanda però è lecita.
Davvero svuotare l’articolo 18 è necessario per far ripartire la
crescita e rassicurare i mercati? Sembra di no: gli economisti non sono
riusciti a dimostrare che le imprese italiane restano nane per non
superare la soglia dei 15 dipendenti che fa scattare l’articolo 18, gli
investitori stranieri sono più spaventati dalla camorra, dalla mafia,
dalla burocrazia e dalla politica più che dai giudici del lavoro,
l’aumento di produttività dovuto al timore del licenziamento
difficilmente compenserà anni di investimenti troppo bassi da parte
delle imprese. I mercati non sembrano folgorati: ieri lo spread è salito da 287 a 302 punti.
Possiamo almeno dire che è una riforma equa, che toglie ai vecchi per
dare ai giovani, distribuendo tra generazioni il peso della crisi? In
parte. È vero che finora l’insofferenza delle imprese per la rigidità
del mercato del lavoro italiano è stata scaricata sui precari.
E la riforma del governo Monti, va sottolineato, introduce novità
rilevanti a difesa dei lavoratori più fragili: basta con le false
partite Iva, contratti precari più costosi per le aziende, spinge verso
il canale dell’apprendistato che dovrebbe evitare l’eterna reiterazione
dei contrattini a progetto.
Però c’è il contesto: la riforma delle pensioni condanna le imprese a tenere i lavoratori anziani, demotivati e poco produttivi, fino a 67 anni. Facilitando i licenziamenti economici si fornisce l’incentivo a liberarsene per sostituirli con altri, più giovani e più economici. I cinquantenni di oggi rischiano quindi di trovarsi senza lavoro, senza pensione e con pochi ammortizzatori sociali, “esodati”, come quelli (oltre 200 mila) travolti dalla riforma Fornero per aiutare i quali il governo non riesce a trovare le risorse. D’accordo, i cinquantenni di oggi hanno avuto una vita più facile di quella dei loro figli. Ma sostituire un’emergenza sociale con un’altra non sarebbe un gran risultato.
Poi c’è la politica. La prova di forza di Monti, con la Cgil pronta allo sciopero generale, serve a compattare la maggioranza al centro, come auspica Napolitano? Per ora l’unico risultato è che l’asse Pdl-Udc è più forte, ma il Pd è traumatizzato, umiliato. A forza di isolare gli estremi il governo rischia di trovarsi con una base risicata. E forse a quel punto anche Monti dovrà chiedersi: ne valeva la pena? (Stefano Lepri - Il Fatto Quotidiano)
Però c’è il contesto: la riforma delle pensioni condanna le imprese a tenere i lavoratori anziani, demotivati e poco produttivi, fino a 67 anni. Facilitando i licenziamenti economici si fornisce l’incentivo a liberarsene per sostituirli con altri, più giovani e più economici. I cinquantenni di oggi rischiano quindi di trovarsi senza lavoro, senza pensione e con pochi ammortizzatori sociali, “esodati”, come quelli (oltre 200 mila) travolti dalla riforma Fornero per aiutare i quali il governo non riesce a trovare le risorse. D’accordo, i cinquantenni di oggi hanno avuto una vita più facile di quella dei loro figli. Ma sostituire un’emergenza sociale con un’altra non sarebbe un gran risultato.
Poi c’è la politica. La prova di forza di Monti, con la Cgil pronta allo sciopero generale, serve a compattare la maggioranza al centro, come auspica Napolitano? Per ora l’unico risultato è che l’asse Pdl-Udc è più forte, ma il Pd è traumatizzato, umiliato. A forza di isolare gli estremi il governo rischia di trovarsi con una base risicata. E forse a quel punto anche Monti dovrà chiedersi: ne valeva la pena? (Stefano Lepri - Il Fatto Quotidiano)
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