04/04/13
27/03/13
28/10/12
Berlusconi, il re è nudo
“Sono sceso in campo per tutelare me stesso e il mio conflitto di interessi, resterò in campo per tutelare me stesso e il mio conflitto di interessi”, questo è l’unico messaggio che Berlusconi ha davvero inviato nel corso della sua lunga e sgangherata conferenza stampa.
Tutto il resto è noia, compresa la dichiarazione di guerra alla Germania, alla Merkel, al fiscal compact, e persino alla Tobin Tax che, a suo dire, sarebbe una diabolica invenzione teutonica. Eliminando fesserie e banalità resta il messaggio di sempre di questo Mastro Don Gesualdo dei nostri tempi: “La roba mia non si tocca, nessuno può giudicarmi, chiunque ci provi è un barbaro, un comunista, uno che vuole la sovversione…”
Tanta rabbia deriva dalla sentenza sui diritti tv, per altro una sentenza mite, persino inadeguata alla gravità della evasione fiscale e del metodo truffaldino messo in opera.
La furia deriva dal fatto che la sentenza ha messo il dito nel cuore dell’impero mediatico, ne ha svelato trucchi e inganni, ha rivelato i meccanismi della accumulazione originaria e dei fondi neri poi utilizzati per finanziare sia l’attività industriale sia quella politica.
In altre parole la sentenza ha reso visibile quel conflitto di interessi a lungo negato non solo da Berlusconi, ma persino da quelli che avrebbero dovuto essere i suoi avversari politici. Ad aggravare la situazione è arrivata l’assoluzione di Fedele Confalonieri, dal momento che per due decenni, tutti, ma proprio tutti avevano finto di credere alla barzelletta che il cavaliere avesse delegato ogni decisione ai suoi collaboratori.
Del resto, già nel 1994, Berlusconi era stato dichiarato eleggibile perchè il ruolo di amministratore delegato risultava ricoperto dal signor Fedele, dunque il proprietario dell’impero si ritrovò presidente del consiglio alla faccia del principio di legalità.
Il tribunale ha ora ribaltato quella impostazione facendo crollare, per l’oggi e per il domani, ogni possibile furberia ed imbroglio.
Il re si è ritrovato nudo, lo spettacolo è stato ed è indecoroso, i prossimi atti potrebbero rivelarsi politicamente osceni, a cominciare dal rinnovato e, questo sì, ” barbaro attacco” ai giudici e alla Costituzione. Per il momento il governo ha finto di essere in esilio, ma dal momento che Berlusconi ha sferrato un durissimo attacco alle istituzioni repubblicane e ai principali alleati europei a quando il professor Monti potrà fingere di chiamarsi Pasquale (per citare il principe Antonio De Curtis, in arte Totò)?
(Beppe Giulietti)
18/10/12
20/09/12
L'ingordigia dei mediocri
Chi la eccita, l'antipolitica?
Questa è la domanda che devono porsi quanti portano la responsabilità di avere selezionato una classe dirigente nazionale, regionale e locale che magari è fatta anche di tante persone perbene ma certo trabocca di figuri impresentabili. Figuri troppo spesso selezionati proprio per questo: perché ambiziosi, mediocri, ingordi, disposti a tutto.
Lo disse anni fa Giuliano Ferrara in un dibattito con Piercamillo Davigo: «Devi essere ricattabile, per fare politica. Devi stare dentro un sistema che ti accetta perché sei disponibile a fare fronte, a essere compartecipe di un meccanismo comunitario e associativo attraverso cui si selezionano le classi dirigenti». Una diagnosi tecnica, non «moralista». Ma dura. E destinata a trovare giorno dopo giorno, purtroppo, nuove conferme.
Ci è stato spiegato, per anni, che i controlli erano inutili, che facevano perdere tempo, che ostacolavano l'efficienza e la rapidità delle scelte. Ci è stato detto che bastavano i controlli «dopo». Magari a campione. Magari a sorteggio. Magari con un progressivo svuotamento delle pene perché ci sarebbe stata comunque «la sanzione politica, morale, elettorale». I risultati sono lì, sotto gli occhi di tutti. E ricordare ai cittadini che devono «avere fiducia nella politica» è solo uno stanco esercizio retorico. Solo la politica può salvare la politica. Cambiando tutto, però.
Carlo Taormina, che è stato deputato e sottosegretario (sia pure part time col mestiere di avvocato) dice che la Regione Lazio «è un porcile». Alla larga dal qualunquismo. È vero però che mentre nel cuore dello Stato, da anni sotto i riflettori delle polemiche sui costi della politica, qualcosa ha cominciato lentamente a cambiare, in tante Regioni e non solo nel Lazio (troppo comodo, scaricare tutto lì...) troppa gente ha pensato di essere al riparo dalle ondate, fluttuanti, d'indignazione popolare. Come se tutto, crisi o non crisi, potesse continuare come prima.
I cittadini sono sconcertati dai casi trasversali di malaffare? Ogni indagato resta sempre inchiodato lì, senza mollare l'osso mai. Si chiedono perché spendere 36 milioni di euro per l'aeroporto di Aosta? I lavori vanno avanti, anche se non decolla un volo e forse mai decollerà. Non capiscono perché il Molise abbia lo sproposito di 30 deputati regionali divisi in 17 gruppi di cui 10 monogruppi? Dopo le elezioni potrebbe averne 32. Sono furibondi con le dinastie politiche ereditarie tipo quella di Bossi? Sparito il Trota e messo in ombra il figlio di Di Pietro, entra «Toti» Lombardo, candidato alle prossime regionali siciliane dal papà Raffaele che l'altra volta aveva piazzato il fratello.
Per non dire della Calabria. Dove, mentre i disoccupati si arrampicano sui tralicci, sono stati appena spesi 140 mila euro per un libretto dal titolo «Il senso delle scelte compiute» che osanna in 65 foto e 125 pagine estasiate il presidente del consiglio regionale Franco Talarico. Il quale ha in dote spese di rappresentanza per 700 mila euro, sei volte più dell'intera assemblea dell'Emilia Romagna, che ha il doppio di abitanti e il quadruplo del Pil.
Per questo sono in tanti ad assistere con apprensione allo scandalo che squassa la Regione Lazio. Perché, sotto le sue macerie di centurioni, Batman, bulli e balli mascherati con scrofe e maiali, potrebbero restare sepolte anche le stizzite rivendicazioni di autonomia di tante Regioni amministrate in questi anni in modo sconcertante. Che potrebbero, finalmente, essere chiamate a rispondere dei conti.
GIAN ANTONIO STELLA
Se il futuro è Fiorito
Le ricevute «terremotate» dei ristoranti. I convegni cervellotici e le
commissioni inutili, cioè utili a propiziare viaggi esotici. Addirittura
le banconote di un paesino del Frusinate con stampigliato in effigie il
profilo extralarge del capobastone del Pdl e lo slogan minaccioso: «Il
futuro è Fiorito». Le vicende tristi e grottesche della Regione Lazio ci
ricordano come dietro la prima fila della Casta, quella esposta in tv e
perciò sottoposta ai lazzi del pubblico pagante, si celi una retrovia
mandibolare che gode dei benefici dell’invisibilità.
Osserviamo questo immenso esercito di Fioriti, tutti dipendenti nostri. Dietro i volti noti della politica, che da qualche tempo cercano di improntare i loro comportamenti a una forzosa sobrietà, marcia la schiera dei consiglieri locali, figli di un regionalismo che si è tradotto in una duplicazione di burocrazie e di prebende. E dietro di essi, con le eccezioni del caso, si muove un battaglione ancora più oscuro: gli alti funzionari dei ministeri e degli enti. Invisibili, inamovibili, più potenti dei politici e spesso più voraci. Ogni riforma dello Stato dovrebbe partire dal dimagrimento di questi apparati pubblici che drenano risorse e producono corruzione, intrallazzo, lentocrazia, favoritismi e omertà. Invece noi cittadini-finanziatori siamo così ingenui che ci accontenteremmo di smussare la punta dell’iceberg, rappresentata dai privilegi dei mille parlamentari. Un ben magro premio di consolazione, eppure ci è stato negato anche quello. Perciò adesso chi vuole il mio voto dovrà promettere molto di più. Se il futuro è Fiorito, va seminato daccapo. (Massimo Gramellini)
Osserviamo questo immenso esercito di Fioriti, tutti dipendenti nostri. Dietro i volti noti della politica, che da qualche tempo cercano di improntare i loro comportamenti a una forzosa sobrietà, marcia la schiera dei consiglieri locali, figli di un regionalismo che si è tradotto in una duplicazione di burocrazie e di prebende. E dietro di essi, con le eccezioni del caso, si muove un battaglione ancora più oscuro: gli alti funzionari dei ministeri e degli enti. Invisibili, inamovibili, più potenti dei politici e spesso più voraci. Ogni riforma dello Stato dovrebbe partire dal dimagrimento di questi apparati pubblici che drenano risorse e producono corruzione, intrallazzo, lentocrazia, favoritismi e omertà. Invece noi cittadini-finanziatori siamo così ingenui che ci accontenteremmo di smussare la punta dell’iceberg, rappresentata dai privilegi dei mille parlamentari. Un ben magro premio di consolazione, eppure ci è stato negato anche quello. Perciò adesso chi vuole il mio voto dovrà promettere molto di più. Se il futuro è Fiorito, va seminato daccapo. (Massimo Gramellini)
19/09/12
Il secondo tragico Marchionne
C'è un che di irresistibile nel dialogo (si fa per dire) a distanza fra il duro Sergio Marchionne e gli omuncoli gelatinosi del governo, dei partiti e dei sindacati moderati (Cisl e Uil). Lui, il duro che non deve chiedere mai perché viene ubbidito prim'ancora che dia gli ordini, annuncia che dei 20 miliardi di investimenti promessi, col contorno di 1 milione e 400 mila auto e altre supercazzole che potevano essere credute solo in Italia, non se ne fa più nulla. Perché? Perché no. E gli impavidi ministri, sindacalisti e politici che fanno? Gli chiedono di "chiarire". I più temerari aggiungono "subito", ma sottovoce, vedimai che s'incazzi e li prenda a sberle. Ora, tutto si può rimproverare a questo finanziere scambiato per un genio dell'automobile, tranne la carenza di chiarezza: è dal 2004 che dice ai quattro venti che dell'Italia non ne vuole sapere, molto meglio i paesi dell'Est, dove la gente lavora per un tozzo di pane e non chiede diritti sindacali perché non sa cosa siano, e gli Usa dove Obama paga e Fiat-Chrysler incassa. Ma quelli niente, fingono di non capire, chiedono chiarimenti, approfondimenti, spiegazioni, aprono tavoli, propongono patti, invocano negoziati, lanciano penultimatum, attendono il messia dei "nu ov i modelli" naturalmente mai pervenuti. Ma in quale lingua glielo deve spiegare, Marchionne, che dell'Italia e dell'auto con bandierina tricolore non gliene frega niente? In sanscrito? Sentite Passera: "Voglio capire meglio le implicazioni delle sue dichiarazioni ". Un disegno di Altan potrebbe bastare. Sentite la Fornero, quella col codice a barre in fronte: "Non ho il potere di convocare l'amministratore delegato di una grande azienda" (solo quello di entrare con la scorta armata ai gran premi di F1), però vorrebbe "approfondire con Marchionne cosa ha in mente per i suoi piani di investimento per l'occupazione". Ma benedetta donna: niente ha in mente, te l'ha già detto in musica, che altro deve fare per cacciartelo in testa? Infilare l'ombrello nel coso di Cipputi? Sentite Fassino: "L'ho sentito, mi ha dato rassicurazoni ". Ci parla lui. Sentite Bonanni, quello con la faccia da Bonanni che firmò tremante gli accordi-capestro a Pomigliano e Mirafiori: "Marchionne ci convochi subito e chiarisca se il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato o no". Ma certo: i 20 miliardi li tiene lì sotto il materasso in attesa che la gente si compri tre Cinquecento e quattro Duna a testa, poi oplà, li sgancia sull'unghia per la bella faccia di Bonanni. Ma che deve fare quel sant'uomo per far capire che i 20 miliardi non esistono e ha preso tutti per i fondelli? Fargli una pernacchia sarebbe un'idea, ma poi quelli replicherebbero: "Vorremmo capire meglio il significato profondo del gesto, Marchionne apra al più presto un tavolo per fornirci le necessarie e ineludibili delucidazioni atte a chiarire il senso recondito, anche tra le righe, della pernacchia". Se non ci fossero di mezzo decine di migliaia di famiglie, ci sarebbe da scompisciarsi per queste scenette da commediola anni 80, dove il marito trova la moglie a letto con un altro e la interroga tutto compunto: "Cara, esigo un chiarimento sulla scena cui ho testè assistito". O da film di Fantozzi. La sua Bianchina, con a bordo la signorina Silvani, viene affiancata dall'auto di tre energumeni che afferrano un orecchio del ragioniere. La Silvani li insulta. Quelli estraggono dall'auto Fantozzi a forza e lo massacrano di botte, mentre lui li apostrofa con fierezza: "Badi come parla!". Pugno in faccia. "Vorrei un momento parlamentare con voi". Setto nasale. "Lo ridichi, se ha il coraggio". Spiaccicato sul tettuccio. "Badi che se osa ancora alzare la voce con me...". Giacca squarciata. "Bene, mi sembra che abbiamo chiarito tutto, allora io andrei...". Lo finiscono a calci e lo lanciano come ariete nel parabrezza. Ora Fantozzi fa il ministro tecnico e il sindacalista moderato. Tanto le botte le prendono i lavoratori. (Marco Travaglio)
17/09/12
Berlusconi, tornano le balle. In alto mare
A forza di navigare nel suo mare di bugie Berlusconi è diventato la crociera di se stesso.
Al
suo pubblico offre un mondo fatto di paesaggi mirabolanti, musica,
souvenir esotici. Peccato sia tutto finto, tutto inventato, come
nell’agenzia Memoria Totale raccontata da Philip K. Dick
nella quale i ricordi sono un innesto a pagamento: con una semplice
seduta in anestesia puoi svegliarti convinto di avere appena trascorso
una vacanza su Marte con una ragazza (non) minorenne, nipote di un
antico faraone egiziano.
Nel suo Total Recall, B. ha sconfitto il
cancro abolendo il fumo in luoghi pubblici, ha diminuito gli incidenti
stradali con la patente a punti, ha regalato un anno di libertà ai
ragazzi grazie alla leva volontaria, ha scoperto Grillo, ha inventato il poliziotto di quartiere, l’Alta velocità ferroviaria e le sinapsi di Matteo Renzi. La sinistra invece gli ha smontato il Ponte sullo Stretto di Messina
per invidia. E tutte le sue riforme per dispetto. L’Italia con lui era
un trionfo. Rispettata in Europa e nel mondo. Amica della Libia di Gheddafi.
Con lui la Merkel “era simpaticissima”. E con noi Alfano “è grande e
profondo, un’ondata di freschezza”. Che gli vuoi dire a uno così? (Pino Corrias)
04/07/12
27/06/12
26/06/12
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